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La cultura del dubbio | posted: 13/2/2009 at 10:49:09 |
di Michele Del Gaudio
Ho letto con passione il confronto sulla Voce fra Gennaro Fabbrocino e Nicola Galluccio: entrambi mi hanno aiutato a crescere. Li ringrazio per avermi coinvolto. E ringrazio Pasquale D’Amelio perché offre il suo giornale a persone indipendenti che possano dialogare liberamente.
Gennaro propone una cultura intrisa di filosofia e scienza e accusa la Voce di tagliarla in due per sposare l’umanesimo e tradire la fisica. Nicola invece difende la priorità dell’umanesimo, anche rispetto al progresso.
Chi si aspetta da me l’ardua sentenza è fuori strada. Ne ho scritte già troppe indossando la toga. E poi fra due giganti mi sento a disagio. Mi limito allora a qualche osservazione.
La scuola mi ha insegnato che lo studio è essenziale per avere una vita soddisfacente, ma forse ha dimenticato di insegnarmi ad utilizzare le nozioni che ho appreso anche per vivere, lavorare, amare, perdere. È come se mi avesse regalato il motorino senza spiegarmi come funziona. Ho dovuto impararlo da solo, ma ci ho messo tanto tempo e ho pagato un prezzo enorme. Per fortuna la scuola di oggi è attratta, non solo dall’intelligenza teorica, ma anche da quella pratica e da quella emotiva. Sta cominciando ad insegnare non solo il sapere ma anche il saper fare. Forse sta capendo che un letterato, o uno scienziato, che non sappia concretizzare per sé e per la collettività i risultati che raggiunge, sicuramente va rispettato, ma forse non è colto. Soprattutto se va in crisi appena esce dagli schemi, se non è in grado di affrontare i problemi quotidiani, di emozionarsi, gioire, soffrire.
Adesso so, addirittura so usare quello che so, eppure mi manca qualcosa. O meglio, mi mancava: ho intuito l’importanza dello stare con gli altri e di costruire qualcosa assieme a loro. Da solo mi sento limitato; in compagnia mi sento completo. Non penso di essere un folle: le ricerche più recenti sostengono che gli individui sono tanto più felici quanto più la popolazione è unità, solidale, rispettosa delle regole. È vero che la nostra è la società dell’egoismo e dell’imbroglio, ma una persona è colta proprio perché vede più lontano, qualunque lavoro faccia.
Le mie riflessioni possono essere errate, ne sono consapevole, ma è proprio la consapevolezza di poter incontrare persone e idee più convincenti, più valide, più utili che mi consente di ritenermi, forse a torto, un uomo colto, anche se so poco di chimica e narrativa. L’apertura mentale mi affascina, mi dà la forza di continuare a cercare umilmente la verità, stimolando chi ritiene di averla già trovata a non erigere barriere verso altre verità, altre mentalità, altri colori, altri cuori.
Devo a bambini e adolescenti le mie conquiste, non solo allo studio, alla magistratura, alla famiglia, a maestri come Antonino Caponnetto e Giuseppe Dossetti. Quasi vent’anni fa cominciai a girare la scuole d’Italia con tante certezze. Nel corso degli anni sono cadute l’una dopo l’altra, salvo i grandi valori. Ho compreso che devo mettere in discussione tutto, anche me stesso, ogni giorno; devo camminare, ma anche correre, saltare… ascoltare, capire… offrire opportunità più che soluzioni…
Sì, forse il dubbio è una dei doni più preziosi che i ragazzi mi hanno trasmesso… il dubbio di avere la verità in tasca, il dubbio di essermi comportato bene, quello di aver agito per bontà o interesse personale, di averlo fatto per solidarietà o per narcisismo, di essere me o altro da me… di essere un intellettuale, come a volte mi definiscono, o un parolaio senza sostanza.
Ovviamente non mi riferisco ad un dubbio paralizzante, ma inserito in una personalità solida ed equilibrata, pronta a scelte immediate se necessario, ed accompagnato da una vita che pulsi di sentimenti ed emozioni.
Scrivo queste righe in piena sincerità, sperando che il dibattito continui.
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