1 febbraio 2008, Scuola e Didattica n. 10, pag. 15-16, NON UNO DI MENO (adolescenza, scuola)
Prima della repressione viene la prevenzione. Ce lo dimostra un magistrato, con questo appassionato resoconto di un progetto sulla legalità che ha coinvolto studenti, insegnanti, genitori e gruppi del territorio. I risultati positivi dell’esperienza – costruita partendo dalla realtà concreta e non su astratte velleità – dimostrano che solo un impegno comune (e un investimento sul futuro) di tutte le componenti della società può produrre il cambiamento.
Da quindici anni giro le scuole di tutt’Italia. All’inizio per insegnare la legalità, poi per imparare assieme agli studenti. Prima per aiutarli a crescere, poi per crescere con loro. Ho cominciato con molte certezze, ora, salvo i grandi valori, ho compreso la necessità di dubitare delle mie verità, di mettermi in discussione, tutti i giorni; e di destinare parecchio del mio tempo alla scuola, perché può essere determinante nell’età incerta, come lo è stata per me: alle elementari ero solitario, aggressivo, un bulletto; per fortuna ho avuto genitori attenti e insegnanti sensibili, che hanno tirato fuori la parte migliore di me, sopendo la peggiore, fino ad allora dominante. Ho addirittura avuto il coraggio, anche grazie alla frequentazione di aule chiassose, di passare dalla repressione, come magistrato, alla prevenzione: non giudicare, punire dopo che i reati siano stati commessi, ma operare prima, per tentare di impedirli.
I ragazzi danno un senso alla mia vita!
Un progetto. Un libro. Nell’estate 2004, dopo tante prove sul campo, la riflessione personale si è inceppata sulla ricaduta effettiva dell’impegno di tante persone come me nella diffusione della cultura della legalità. In particolare mi sono arenato su un punto: come trasmettere il valore delle regole agli adolescenti, senza sapere chi sono, come sono fatti, cosa pensano, cosa li affascina, cosa li turba… Il ragionamento si è articolato con la preside ed un gruppo di insegnanti del liceo scientifico Pitagora di Torre Annunziata, la città in cui vivo: abbiamo partorito il progetto Adolescenti e legalità, da cui è nato il libro Adolescenti; la parola legalità è sparita dal titolo, perché durante il corso è apparso evidente che le regole costituiscono uno degli aspetti dell’adolescenza, non l’unico e forse non il più importante: solo inquadrandolo nella dinamica appropriata, possiamo sperare che i ragazzi siano coscienti della sua rilevanza nelle relazioni interpersonali di qualsiasi tipo.
Ci siamo riservati qualche anno, per capire, capirsi, per penetrare nell’intimità della fase decisiva dell’esistenza umana, per arrivarci col cuore, per aprire i cuori… non solo quelli degli studenti, anche quelli degli insegnanti, dei genitori…
Che sballo! Un’esperienza nuova, temeraria: avrebbe potuto abortire subito o proseguire, fra incontri e scontri, condivisioni e tradimenti… solo i cuori avrebbero potuto tenerla unita, anche fino ad un risultato collettivo, un libro, da discutere e concordare fino all’ultima virgola.
La verità - sì, la verità - è stata un elemento di coesione; puntare alla realtà, senza edulcorarla o drammatizzarla, la realtà e basta, per costruirvi sopra analisi oggettive e proposte percorribili, rifiutando tesi precostituite, con la voglia di offrire ognuno il suo contributo, insegnando e imparando reciprocamente.
Dopo le perplessità iniziali degli alunni coinvolti, si è diffusa un’aria di fiducia, anche grazie agli insegnanti, che non hanno mai espresso giudizi morali o comportamentali; hanno detto la loro, approvando o contestando, nel loro gruppo: abbiamo infatti coordinato incontri mensili delle singole classi con dibattiti fra i docenti e fra i genitori: le tre categorie hanno proceduto di pari passo nelle conversazioni orali e nella stesura di riflessioni scritte… Più si andava avanti e più cresceva - da parte di tutti - l’ansia di camminare insieme, di perfezionare i propri atteggiamenti gli uni verso gli altri, avendo manifestato e ascoltato le gioie e le sofferenze proprie e degli altri, il loro modo di pensare, divertirsi, avere paura, fuggire… e di esserci, cercare di esserci… o continuare a fuggire, nonostante il leale dialogo avviato.
Non uno di meno. Tutti siamo diventati consapevoli che il fine non era quello di individuare ciò che è giusto o sbagliato, ma di accogliere pensieri, sentimenti, emozioni, tutto quel che veniva fuori in piena libertà e sincerità, per fotografare un mondo con cui fare i conti, anche se poteva essere espressione di onnipotenza, egocentrismo, cattiveria, virtualità, vigliaccheria, infantilismo, incapacità, sconfitta…
Abbiamo elaborato un percorso, degli argomenti.
La legalità, l’apertura mentale, la felicità erano impalpabili, solo a volte evidenti, compagne di viaggio - quasi se ne parlasse senza parlarne - erano lì nell’aria, nelle parole, sui muri... c’erano anche se non ce ne accorgevamo.
L’adolescenza, la famiglia, la scuola, il gruppo dei coetanei, gli adulti, le regole, il senso del dovere, la fragilità, la trasgressione, le dipendenze, lo svago, le passioni, i sentimenti, i valori, la politica, la religione, il lavoro, la vita…
Tutto ciò ha attraversato le nostre giornate per due anni, e quasi un altro per completare gli obiettivi: offrire a studenti, insegnanti e genitori un itinerario comune, utile ad ognuno, per vivere meglio la sua vicenda individuale e sociale, nella specificità della propria età e del proprio ruolo; un libro che documentasse l’esperienza vissuta per metterla a disposizione di tutti coloro ai quali interessano gli adolescenti, il loro presente prima ancora che il futuro.
Un bilancio. Non si può che essere soddisfatti del lavoro svolto. Gli incontri con gli studenti sono stati appassionanti, autentici; ancora di più lo sono stati i loro appunti: un mare solcato da onde colorate, ora scure ora abbaglianti, sempre profonde. Anche insegnanti e genitori hanno proceduto con convinzione dopo le prime prevedibili titubanze.
La metodologia è stata rispettata, ha prodotto, attraverso un epistolario informatico, l’esatto profilo dell’adolescenza, senza inseguire verità fasulle quanto inutili. Abbiamo riportato il più fedelmente possibile le frasi pronunciate e scritte da studenti, genitori ed insegnanti, apportando solo le modifiche indispensabili alla omogeneità dello stile e alla fluidità del discorso. Il racconto esordisce con gli sms e la loro simbologia, tradotta tra parentesi per gli adulti ignoranti, per poi passare alle e-mail. Siamo partiti anche qui con alcune abbreviazioni tipiche per poi raggiungere il linguaggio normale. Abbiamo anche optato per un progressivo allungamento delle mail, da brevi, a medie, a lunghe, come per rendere anche grafica la crescita fisica e spirituale del testo e degli adolescenti.
Il libro costituisce la documentazione di un’esperienza che testimonia la fragilità dei nostri ragazzi, ma anche l’efficacia della prevenzione e la funzione insostituibile di famiglia, scuola, istituzioni, associazioni, sport, arte, musica…: sono gli strumenti più validi per neutralizzare ogni forma di deviazione - dal delitto alla dipendenza, dall’esaltazione alla depressione - perché contribuiscono a costruire personalità forti, che sappiano scegliere, siano capaci di dire no, di avvertire il pericolo delle suggestioni e dei condizionamenti. Basta adeguarli ai mutamenti sociali, economici, culturali, tecnologici, con congrui ed improcrastinabili investimenti.
L’insegnamento prioritario di quest’avventura è l’esigenza di lottare per una famiglia affidabile ed una scuola autorevole. Una famiglia più preparata, consapevole, sostenuta ove necessario socialmente, intellettualmente, psicologicamente, (e pecuniariamente…), crescerebbe figli vivaci e maturi, studiosi e svegli quanto basta.
L’obiezione finanziaria va confutata; l’alternativa è la condanna dei ragazzi delle famiglie disagiate ad entrare in tunnel pericolosi, per sé e l’intera collettività, e per quelli delle cosiddette famiglie normali a varcare la soglia di altre caverne, altrettanto rischiose, forse solo meno cruente, e della società ad un progressivo peggioramento del suo livello di vivibilità. È in gioco il futuro dei nostri figli, dei figli di tutti noi, nessuno escluso; l’interdipendenza dei rapporti sociali, dimostrata anche dal nostro lavoro, non consente di salvare il proprio figlio, di farne l’unico che studia, non beve, non fuma, non si prende a botte…
Una scuola dotata delle moderne tecnologie informative, formative, comunicative, visive, logistiche - con un corpo docente rinnovato nella metodologia, nei contenuti, nella programmazione - è la sola in grado di preparare gli studenti per il loro presente, non per un tempo appena passato.
Occorrerebbe insomma una struttura complessiva, solida e compatta, per i bambini e gli adolescenti, aperta dalla mattina alla sera, in cui far confluire famiglia, scuola, organismi sociali, per aiutarli a trovare la loro strada, a conseguire il pieno sviluppo della loro persona, senza alcun ostacolo di ordine economico e sociale, come afferma l’articolo 3 della Costituzione. Non importa se nello stesso edificio, negli stessi orari, con gli stessi soggetti, importano i nostri ragazzi, che non possono aspettare un minuto di più.
Non è facile ma essenziale, e non c’è costo che tenga: la società è malata gravemente e solo giovani sani, che sappiano vivere e convivere, possono guarirla.
Ma nel frattempo possiamo cominciare da noi stessi, facendo meglio il genitore, l’insegnante, l’assessore, il professionista, l’operatore sociale… e il figlio, lo studente, l’elettore, il paziente, il cliente, il volontario…
Come? Nel nostro volumetto ci sono migliaia di spunti, tutti percorribili quando studenti, insegnanti e genitori lavorano insieme!
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