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Notizie del 1/2015
Palazzo Fienga Grazie Magistratura posted: 28/1/2015 at 13:46:27
La liberazione dell’antico palazzo per Torre Annunziata è un evento storico!
Il dato è incontestabile! La camorra è stata espropriata della sua roccaforte.
Ma è una vittoria dello Stato, non della città. Anche se può diventare l’inizio della sua rinascita!
Lo sgombero è stato deciso dalla procura distrettuale antimafia di Napoli e dalla procura della Repubblica di Torre Annunziata.
La gratitudine è profonda, anche per le forze dell’ordine che hanno collaborato. Apprezzabile anche la scelta di non invitare alla conferenza stampa le istituzioni politiche locali, che hanno solo “subìto” i provvedimenti giudiziari, dopo trent’anni di inerzia.
Ma l’impegno deve proseguire con determinazione per individuare e punire mafiosi e corrotti. Non c’è mafia senza corruzione. I risultati non sono mancati contro la camorra, si sono rivelati scarsi contro la corruzione. Non è logicamente possibile che a Torre ci siano tanti camorristi, come gli ultimi processi dimostrano, e pochissimi corrotti. Ecco perché occorre un nucleo anticorruzione, compatto ed efficace, con magistrati e investigatori di valore.
C’è già tanto materiale da approfondire: quello raccolto con abnegazione e coraggio dalla commissione prefettizia di accesso nel 2013.
Il ministro dell’interno con nota del 26-11-2014 fra l’altro afferma: “L’attività svolta dalla commissione ha evidenziato delle criticità, ma non tali da concretizzare i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale di Torre Annunziata, ai sensi dell’articolo 143 del Testo Unico degli enti locali… Va tuttavia ricordato che con decreto del Prefetto di Napoli del 7 gennaio scorso il sindaco di Torre Annunziata è stato invitato a porre in essere, entro il termine di sei mesi, le iniziative necessarie a rimuovere le forme di sviamento della attività amministrativa e gli effetti pregiudizievoli per l’interesse pubblico rilevati in sede ispettiva, che, ove perduranti, avrebbero potuto portare allo scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell’articolo 141 del Testo Unico degli enti locali”. Quindi il comune, fino a che non eseguirà tutti gli inviti-diffida del prefetto, sarà sotto procedimento di scioglimento a norma dell’articolo 141: cioè, non per condizionamento camorristico (art. 143), ma comunque per “gravi e persistenti violazioni di legge”. Anche se su torresetteweb del 24-1-2015 il sindaco, Giosuè Starita, costretto ad organizzarsi una conferenza stampa da solo, assicura: “Lo stesso Ministero dell’Interno ha chiuso anche la questione relativa alle prescrizioni, non ravvisando alcuna irregolarità nell’operato dell’Amministrazione”. E aveva già sostenuto il 10-3-2014, dopo le prescrizioni prefettizie del 7-1-2014: “Va, infine, evidenziato che l’A.C. di Torre Annunziata è stata oggetto di un accertamento ispettivo attentissimo all’esito del quale tutti i soggetti titolari del procedimento hanno ritenuto non sussistere i presupposti per lo scioglimento”. Ben due dichiarazioni del primo cittadino sembrano smentite dal ministro. Ma Starita aggiunge che evacuare Palazzo Fienga è una delle prescrizioni prefettizie. Innanzitutto viola il segreto d’ufficio, in quanto le prescrizioni del prefetto sono riservate, ma sostanzialmente ammette che, se lo sgombero non fosse stato attuato, il consiglio comunale sarebbe stato sciolto. Peraltro, non si può escludere che esistano altre prescrizioni non attuate e quindi continui a sussistere il pericolo dello scioglimento.
Anche la classe politica ha una missione ostica ma non utopistica: auto purificarsi, escludere non solo i camorristi, ma anche i soggetti che hanno compiuto “gravi e persistenti violazioni di legge”. La parte sana deve bandire quella marcia, che ha impedito lo sviluppo della città, anche attraverso un clientelismo esasperato.
I governanti hanno, però, un altro imperdonabile peccato sulla coscienza: non aver programmato per tempo lo sgombero, costringendo i giudici ad intervenire con provvedimenti perentori con le conseguenti sofferenze di bambini, anziani, donne, famiglie incolpevoli. Se lo sfratto è nelle prescrizioni prefettizie fin dal 7 gennaio 2014, il comune dorme per un anno, per poi vantarsi di aver sistemato senza incidenti 150 persone. E “dove” li ha sistemati? In una scuola a diretto contatto con i bambini, in box inospitali, in un albergo, al costo di 5.000 euro al giorno, che al momento pagano i cittadini, ma che sicuramente la corte dei conti porrà a carico di coloro che hanno deliberato tali spese, evitabili con un minimo di organizzazione.
Un’ultima osservazione è sull’azione legale per il recupero delle somme spese per l’emergenza “a danno dei 119 proprietari delle abitazioni”. A parte che l’emergenza è stata provocata dal comune, che ha avuto un anno a disposizione, ma ancora una volta si sbaglia obiettivo: molti proprietari sono vittime dei camorristi, che si sono impadroniti dei loro immobili senza versare mai il canone. Sarebbe quindi giusta una rigorosa selezione fra i proprietari e gli inquilini per stabilire chi citare a giudizio, altrimenti si continuerebbe a favorire i camorristi, dopo averli lasciati in pace per più di trent’anni.
Starita ha ragione solo sul futuro di Palazzo Fienga: vi si collochi il Commissariato di Polizia.
michele del gaudio




Vangelo e Costituzione 10ª Puntataposted: 21/1/2015 at 15:25:28
Tullio Pironti Editore, 2014

L’uguaglianza

Franco cresceva senza padre in una comunità di ragazze madri. Non gli mancava nulla, neanche la figura maschile di riferimento. Don Giuliano era una persona autentica, come dovrebbe essere un padre: non l’eroe invincibile che esalta, ma l’antieroe che dà sicurezza perché sa perdere, sa stare con gli altri, sa costruire assieme agli altri. Socializzava le sconfitte e le vittorie, le spiegava, ne discuteva anche con i bambini. Per Franco era ben più del padre sconosciuto e feroce. Feroce, sì, perché una mattina di festa Anna gli aveva rivelato quella favola orrenda. – Mi è andata bene: a volte un padre vero è meglio del vero padre. – Si ripeteva il ragazzo, anche se non proprio convinto: almeno il mignolo avrebbe comunque voluto conoscerlo, magari solo per picchiarlo a sangue e poi stringerlo forte.

Anna lavorava presso una lavanderia e continuava a studiare lettere all’università. Aveva solo traslocato, rinnegata e delusa dalla ipocrisia medio borghese dei genitori, quasi più fetida delle pugnalate di Dumitru. Tante volte si era confidata con l’apostolo Giuliano:

– Come si fa a dire di essere cattolici, di considerare la carità un valore essenziale? E poi addirittura condannare l’innocente, quando è il momento di renderla viva, di curare una ferita in emorragia? Si è santi solo a parole, ma, quando il Signore chiama per esserlo nei fatti, si scappa. Mi hanno accusato di essere ormai una puttana, ma io ho subito una violenza, non sono una puttana!
– Anna tu non sei… – La interruppe don Giuliano. - Ma pensa quanto amore c’è in Gesù. Mentre è a pranzo da un fariseo entra una prostituta e comincia a lavargli i piedi e a baciarli senza sosta. Gli ebrei di allora avevano un concetto riprovevole delle donne, delle prostitute addirittura vergognoso. Gesù, già nell’accettare le premure della meretrice, sorprende tutti, ma li sconcerta quando le dice che la sua fede l’ha salvata. E da quel momento le prostitute lo seguono nel suo peregrinare. Addirittura Maria Maddalena, la peggiore di tutte, ha il privilegio di vedere Gesù appena risorto. Non ti invito a fare la… anche se alcune vivono nella nostra casa famiglia… ma a riflettere: per Gesù siamo tutti uguali, è l’amore che nutriamo per lui e gli altri che ci salva.

… una peccatrice… presso i piedi di lui… cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava… li baciava e li cospargeva di profumo… “… La tua fede ti ha salvata”… In seguito… C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni; Giovanna… Susanna e molte altre... (Luca, 7:36-38 e 48-50, 8:1-3).

– Hai ragione, stavo facendo la fine dei miei genitori, ma la mia cicatrice è ancora ribelle. Sono tesa, arrabbiata… contro tutto… tutti… anche loro… Mi sono ritenuta superiore…
– Guarda che qui dentro c’è una bella processione! Antinoia è partita per fare la modella, Dejana l’infermiera, Ilena per completare gli studi… Hanno subito una
violenza simile alla tua! Per loro il cielo è sempre buio sopra stradoni purulenti di fari e turbe sessuali. Le hanno comprate, rapite…
– Siamo salite tutte sul Golgota, come facciamo a separarci ora che ne stiamo scendendo? Hai ragione. La passione ci ha reso uguali, anzi anche prima… L’uguaglianza… All’ultimo esame la prof ha aggiunto un libro che la racconta con semplicità: la Costituzione!
– Anche il Vangelo, Anna. Anzi, ora che… Qualche settimana fa abbiamo letto il passo della lavanda dei piedi, cosa ti suggerisce?
– È un atto d’amore straordinario, di umiltà, di unità.
– Solo questo?
– Ma è già tanto!
– Fermati un attimo. Tu a chi lavi i piedi?
– A Franco.
– Se i tuoi genitori stessero talmente male da non riuscirci?
– Adesso li odio.
– Attenta…
– Sì, forse sì…
– E a quello slavo che ti ha trafitta?
– No, non chiedermi questo!
– E alla tua domestica, se un giorno ne avrai una?
– Ma che dici? Io sono pure schifiltosa!
– Eppure Gesù lavò i piedi ai suoi domestici. A quell’epoca i discepoli lavavano i piedi al maestro, come le donne agli uomini. Li ha lavati anche a me.
– Vuoi che ti lavi i piedi? Vuoi che lasci la comunità?
– No, voglio lavarti io i piedi, non perché sono sacerdote, ma perché Gesù mi ha insegnato che siamo tutti uguali, che anche il preside di una scuola deve lavare i piedi agli studenti, il ministro ai cittadini, Dio alle… pu…ttane! Io le ho sempre preferite ai farisei. E non basta dirlo, bisogna farlo. Lavare i piedi alle puttane, sì, puttane, significa creare condizioni sociali che… in cui nessuna donna… o gay… o trans… sia costretto a farsi bucare l’anima per soldi o per minaccia o per violenza…
– Lavati dieci volte i piedi che dopo te li lavo anch’io.

Durante la cena… cominciò a lavare i piedi dei discepoli… “Capite…? Voi mi chiamate il Maestro… Se dunque io… ho lavato i piedi a voi, anche voi
dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio… (Giovanni, 13:2-15).
Tutti i cittadini… sono eguali… senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli… che… impediscono il pieno sviluppo della persona umana… (Costituzione, articolo 3).

Vangelo e Costituzione 9ª Puntataposted: 15/1/2015 at 12:52:49
Tullio Pironti Editore, 2014

Abele e Caino
La domenica successiva le comitive erano di nuovo insieme per disputare un triangolare di calcio, organizzato da Gesù con la collaborazione del fido Isacco.
Il rumore delle scarpette risuonò in tutto il campo, gli atleti entrarono col cuore che batteva forte: non un’emozione negativa: la paura di perdere; ma una positiva: la gioia del divertimento. I Gladiators si presentarono con Giuseppe in porta, Vincenzo in difesa, Luca a centrocampo, Giovanni e Daniele in attacco; gli Sballatos, invece, con Luchino tra i pali, Robby, Alfonso e Dario in difesa, Paolo e Andrea dietro l’unica punta: Teo. Arbitro Roberto, il papà di Paolo e Dario. Il motto comune era: non si gioca per sé ma per la squadra.
Fischio d’inizio e team in equilibrio, ma i Gladiators conclusero il primo tempo con due gol di scarto: 5 - 3. Il match si fece sempre più avvincente, gli Sballatos si portarono quasi tutti all’attacco per cercare di pareggiare, e ci riuscirono. Ma aprirono più spazi per Luca, Daniele e Giovanni, che si riportarono in vantaggio sul 6 - 5. Nell’azione successiva Luca si coordinò e lasciò partire il destro da centrocampo: la palla girò ... girò ... girò ... per Luchino niente da fare: la sfera sfiorò il palo e si insaccò alla sua sinistra. Poi ancora pareggio, sette a sette… e il triplice fischio!
L’umore di tutti i ragazzi era alle stelle comunque! Erano già pronti per la partita successiva.

Il lunedì mattina erano esausti di contentezza, la scuola fu proprio una botta in fronte. Ma subito si rianimarono quando la prof propose loro di essere attori e attrici di uno spettacolo teatrale spassoso, ispirato alle opere del più famoso commediografo latino. Le due ore di italiano divennero il palcoscenico di un autore in cerca di personaggi, i più simili possibile fra realtà e finzione. Per Mariano e Rosario il problema non si pose: interpretarono i protagonisti, due gemelli che la vita aveva separato per riunirli nel finale. Il servo lo fece Armandino Scalera, detto Ghost, perché si divertiva nascondendosi e piombando all’improvviso per spaventare le compagne. L’altro servo toccò a Ugo. Melody Guastafierro, soprannominata La Pernacchia, pretese di essere la moglie del gemello sposato, scontentando un po’ Serena, chiamata dai maschi Sunshine, la più bella della classe, che deviò sulla suocera pur di evitare la cortigiana… che per mancanza di aspiranti fu impersonata a furor di popolo da Genny. Summer Palescandolo si accontentò di essere la schiava e Tonino per pura cortesia accettò la breve parte del medico. Il cuoco fu assegnato a Niki Pellecchia, in arte Ollio, per la massa grassa in eccesso, e il vecchio suocero ad Eziolino Lumunba, detto Black per la carnagione scura come quella di Gesù.
E Gesù, sì, Gesù chi interpretò? Nessuno! Fu designato regista per acclamazione. Gli altri guaglioni dovettero fare gli schiavi in pubblico e i manovali dietro il sipario: dal cambio scena a tutti i lavoretti di fatica. Le altre guaglione si ritagliarono il compito di claque.

– Prologo! Ciack!
– «Signori spettatori, prima di tutto, salute... C’era una volta a Siracusa un vecchio… che aveva due figli gemelli… I bambini compiono sette anni. Tra la folla… il bambino si smarrisce… Un tale di Epidammo… un mercante, lo vede, se lo porta via… . … non appena arriva la notizia… Al bambino rimasto dà il nome di quello perduto… . Quel tale… Adotta come figlio… il bambino rapito, gli procura una moglie… lo lascia suo erede universale… . … l’altro, che vive a Siracusa, oggi viene a Epidamno con un servo, sempre alla ricerca del suo fratello germano».
La storia appassionò la classe, che studiò il testo, approntò il copione generale, una fotocopia per personaggio, i costumi, la scenografia; tutto gradualmente, di pari passo con le prove: un mese che parve un giorno.

– Atto I! Ciack!
– «La gioventù del paese mi ha dato un nome: Spazzola. Perché a tavola, quando mangio, io spazzo, faccio piazza pulita…».
– Ma Gesù lo stoppò subito:
– Armandino, un po’ più sicuro di te! Sei lento e cantilenante.
Ghost si era preparato come un professionista, era concentratissimo, ma il cervello perdeva sangue: suo fratello era stato arrestato il giorno prima per rapina e lui era spaccato in due, fra l’affetto per Ernesto e l’infrangibile proposito di non essere come lui.
– «A un disgraziato, se gli raddoppi i castighi…». – Riprese il servo.
– Prof, ma questa commedia è piena di male parole: disgraziato, pappatoria, maledetto, Culindro, battona, puzzone…! – Interruppe Genny con la sua indole contraria alla volgarità.
– Effettivamente, se vogliamo fare lo spettacolo in parrocchia, don Salvatore non ci darà mai l’autorizzazione. I protagonisti sono puttanieri, puttane, cocottine! – Pur essendo un trivialone, anche Niki era d’accordo.
– Non dite parolacce! – Intervenne Serena silenziando i ragazzi nell’ammirazione.
– Purtroppo questi vocaboli dovremo pronunciarli, sono nell’opera. – Si inserì Gesù con garbo pendendo dallo sguardo di Luce del sole.

«Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio…» (Matteo, 21:28-31).

– Atto IV! Ciack!
– «Dovrei sopportarlo, io, questo schifo di matrimonio con un marito che mi sgraffigna tutto di nascosto e lo regala alla sua puttana?... Malmaritata a mal marito, sono!».
– Melody, come cavolo ti chiami?, non ti storcere troppo che non sai proprio recitare! – Eziolino la stroncò.
– Guarda che mia madre ha frequentato la scuola di arte drammatica a Roma!
– Allora è una grande attrice! Come si chiama?
– Sky Vitiello!
– Allora non fa l’attrice, vende le televisioni!
– Cretino, sky in inglese significa cielo! Ma cosa parlo a fare con te, sei privo di cultura.
– Ma qua’ cultura! Tap model da un metro e dieci! Vaff…
– Eziolino! Basta! Ora esageri! Non hai la pelle di Tonino, ma sei più sguaiato di lui. – La docente fu costretta a sbarrare un rigagnolo che già altre volte si era sbracato in una piena.
– Signori’, io sono nato a Napoli anche se sono negro!
– I negri sono persone serie!
Effettivamente Eziolino non aveva mai messo piede nel continente dei vatussi, anche perché non gli conveniva: era un pigmeo! Era bellicoso perché aveva paura, un po’ di tutto, anche di avere un fratello: infatti era figlio unico di genitori neri e bassi come lui. Era rimasto traumatizzato fin da piccolo da Caino e Abele e temeva di fare la stessa fine… perché era buono… come Ugo…:
– Professoressa, sta tragedia mi attira, fa schiattare dalle risa. Tutti questi equivoci mi piacciono come la cioccolata. E i due fratelli si vogliono bene: si perdono, si cercano, si ritrovano, ritornano a casa; e continuano a volersi bene.

– Atto V! Ciack!
– «Siciliano sono, di Siracusa». – Rosario attaccò quasi fosse un vero isolano.
– E io del continente sono! – Tonino non perse l’occasione. - Qui è roba di mafia!
– «Bruciale gli occhi, a questa femmina»!
– «Caccola di topo!».
– «Cagna!».
– «Gli farò le budella a spezzatino!».
– «Dagli una pettinata a suon di pugni!».
– Prof, c’era la mafia allora? – Summer parve incuriosita.
– C’era, c’era. E pure la camorra. – Tonino fu perentorio. – Ma la camorra è meglio! Camorra è bello, camorra è tutto!
– E invece la camorra è ripugnante! Non vi consento di fare certe affermazioni! – Si arrabbiò proprio, Linda.

Era un’insegnante precaria storica e aveva perso il fratello minore, appena ventenne, in un conflitto a fuoco. In realtà aveva anche un fratello maggiore, che purtroppo fin da ragazzo era stato sempre un prevaricatore, ingiusto e violento, fino a guadagnarsi i galloni di capozona del reparto furto di motorini. Il minore invece era puro di cuore, mite, altruista. Tentava con ogni sforzo di redimere il maggiore, si spogliava di tutto per lui, pregava, offriva sacrifici al Signore… Una mattina seppe casualmente che la notte un commando della banda rivale lo avrebbe freddato all’uscita della bisca clandestina. Si nascose nei pressi e, quando il maggiore apparve sulla porta, gli corse incontro ad abbracciarlo prendendo i proiettili al suo posto. Morte mia, vita tua. Il maggiore scappò e non se ne seppe più nulla. Linda si era sempre disinteressata della criminalità, ma da allora aveva preso coscienza della virulenza del fenomeno ed era diventata un’apostola per il recupero dei ragazzi di strada, assieme a Carla e Cesare.

– Professoressa, vi chiedo perdono… non volevo… Avete ragione… Io… io… me ne vorrei uscire… ma non… non me ne posso… più uscire… - Tonino inciampò in alcuni singulti che forse desiderava.
– No, scusami tu, non è con l’aggressività che posso convincerti! Ed io, non potevo arrivare prima, io? Invece me ne sono fregata fino a quarant’anni. Doveva essere ammazzato il mio Pierino!… e Silvio… Vi ho suggerito questa commedia proprio perché sogno di ritrovarli un giorno.

– Atto V! Parte finale! Ciack!
– «Salve, fratello mio, gemello mio… che rivedo dopo tanti anni, quando più non speravo».
– «Anch’io ti saluto, fratello che non ho mai cessato di cercare, tra tante pene e fatiche… ritorniamocene in patria tutti e due».
– «Come vuoi tu, fratello».
«E ora, spettatori, addio. A voi buona salute, a noi un bell’applauso».

Un uomo aveva due figli. Il più giovane… sperperò il suo patrimonio… e tornò… suo padre… gli si gettò al collo…: “… mangiamo e facciamo festa…”. Il figlio maggiore… si indignò… Suo padre allora... “Figlio… bisognava far festa… perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Luca, 15:11-32).
Adamo si unì a Eva… la quale… partorì Caino… Poi partorì Abele… Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato… alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise (Genesi, 4, 1-15).


Miseria Ladra 17-01-2015posted: 12/1/2015 at 16:21:18
Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, Presidio di Torre Annunziata “Raffaele Pastore e Luigi Staiano”, a conclusione della “Giornata Per Giuseppe Veropalunbo e Per la Solidarietà Contro la povertà”, propone la manifestazione itinerante Miseria Ladra, che si articolerà, grazie ad un camper, in più luoghi e più momenti sabato 17 gennaio 2015.
Alle ore 10.00, nella Chiesa della S.S. Trinità, si svolgerà il Dibattito pubblico: Rendiamo illegale la povertà, in tutte le sue forme. Solo insieme possiamo fare la differenza. Interverranno Antonio Carbone, Pino Conca, Ciro Cozzolino, Mariano Di Palma, Luciano Donadio, Antonio Irlando, Porfidio Monda, Pasquale Paduano, Matteo Potenzieri, che illustreranno analisi, proposte, azioni, con particolare riferimento al nostro territorio.
Alle ore 12.00 la carovana farà visita alla Mensa “Don Pietro Ottena” e dialogherà con i cittadini davanti alla chiesa dell’Immacolata.
L’incontro con la popolazione continuerà lle 16.00 nel piazzale della Basilica della Madonna della Neve, per continuare alle 18.00 dinanzi alla Chiesa di Sant’Alfonso e concludersi dalle 19.00 alle 21.00 alla Chiesa di S. Maria del Buonconsiglio e S. Antonio.
Le priorità di Libera sono la lotta alle mafie, alle ecomafie, alla corruzione, alla illegalità, ma anche alla povertà.
Secondo i dati Istat del 2012 sono 9,5 milioni le persone in povertà relativa e 4,8 in quella assoluta. Per Eurostat un italiano su tre è a rischio povertà, una famiglia su quattro soffre di deprivazione materiale grave; oltre 3,2 milioni sono i disoccupati, più del 40% i giovani disoccupati, 4 milioni i precari; il 12% degli occupati non riesce ad arrivare a fine mese. I dati sul 2013 parlano di un ulteriore peggioramento.
In un paese così diseguale e precario sono le mafie a trarre grandi benefici.
È nata allora Miseria Ladra, promossa dal Gruppo Abele, con il sostegno di Libera e l'adesione di centinaia di realtà del sociale e del volontariato laico e cattolico: con un obiettivo preciso: rendere illegale la povertà.
Le proposte della campagna tendono a costruire uguaglianza e giustizia sociale, che competono alla politica: quella formale di chi amministra e ma anche quella informale dei cittadini, compresi i poveri che non vanno solo assistiti ma aiutati ad essere consapevoli e responsabili per contribuire al cambiamento individuale e collettivo. Le proposte e richieste che saranno formalizzate il 17 gennaio sono rivolte alle istituzioni locali, nazionali, europee.

Per informazioni: www.miserialadra.it – info@miserialadra.it.

Libera denuncia il comune alla Corte dei Contiposted: 10/1/2015 at 12:23:46
Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, Presidio di Torre Annunziata “Raffaele Pastore e Luigi Staiano” presenta il 2 gennaio scorso un esposto al Procuratore regionale campano della Corte dei Conti, Tommaso Cottone, in cui chiede l’acquisizione di tutti gli atti della Commissione Prefettizia d’Accesso, che ha indagato sul comune oplontino nel 2013, al fine di accertare eventuali responsabilità amministrative e contabili a norma delle leggi 14 gennaio 1994 n. 20 e 20 dicembre 1996 n. 639 e condannare i responsabili al risarcimento del danno.
Riferisce infatti Libera che 14-03-2013 il Ministro dell’Interno delega il Prefetto di Napoli ad esercitare i poteri di accesso ed accertamento di cui al DL 629/1982 per lo scioglimento del comune in oggetto. Questi il 27-03 nomina la Commissione, che il 1-08 presenta il suo resoconto, consentendogli il 5-09 di relazionare al Ministro, il quale il 7-11-2013 decreta la conclusione del procedimento per insussistenza dei presupposti dell’art. 143, c. 2, del Dl 267/2000.
In realtà il Ministro dell’Interno nella nota del 26-11-2014, in risposta alla interrogazione parlamentare dell’on. Arturo Scotto, fra l’altro afferma: “L’attività svolta dalla commissione ha evidenziato delle criticità, ma non tali da concretizzare i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale di Torre Annunziata, ai sensi dell’articolo 143 del Testo Unico degli enti locali… Va tuttavia ricordato che con decreto del Prefetto di Napoli del 7 gennaio scorso il sindaco di Torre Annunziata è stato invitato a porre in essere, entro il termine di sei mesi, le iniziative necessarie a rimuovere le forme di sviamento della attività amministrativa e gli effetti pregiudizievoli per l’interesse pubblico rilevati in sede ispettiva, che, ove perduranti, avrebbero potuto portare allo scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell’articolo 141 del Testo Unico degli enti locali”.
Quindi le indagini della Commissione, pur non avendo individuato un condizionamento camorristico (articolo 143), hanno comunque rilevato “gravi e persistenti violazioni di legge” (articolo 141).
Libera Torre si rivolge allora alla Corte dei Conti che ha la funzione di “perseguire l’utilizzo appropriato ed efficace dei fondi pubblici, la ricerca di una gestione finanziaria rigorosa, la regolarità dell’azione amministrativa”.
Il comune continua quindi ad essere sottoposto a procedimento amministrativo da parte del Prefetto, a cui potrebbe aggiungersi quello della Corte dei Conti.

A PAPA FRANCESCO Appelloposted: 7/1/2015 at 15:58:37
Don Peppino Diana martire per la giustizia

Caro Francesco,
don Peppe è il parroco che si offre al “suo popolo” per liberarlo dalla asfissiante oppressione della camorra.
Nasce, cresce, diventa prete, viene assassinato, a Casal di Principe (4 luglio 1958 – 19 marzo 1994). Una vita terrena troppo breve per non protrarsi anche nella mente e nel cuore della gente, che lo venera ancora, nonostante gli anni si annodino anche a cortecce cruente, senza però erodere la speranza. I suoi ragazzi continuano a camminare con la sua “fede enorme” nelle gambe, a fare squadra con lui, a sentirsi pari a lui, pur riconoscendogli “un’autorità irresistibile”. Dichiarare il suo martirio significherebbe affermare con nettezza la posizione della Chiesa, “fino all’ultimo sangue”, contro le devastazioni fisiche e spirituali del crimine organizzato.
Dovrebbe essere santa la persona che vive Gesù nella sua umanità, nel dono di sé agli altri, nell’impegno per la loro dignità e libertà. È la descrizione di don Peppino, del discepolo con “la porta sempre aperta”, che corre incontro a tutti… verso le Beatitudini, i deboli, gli abbandonati, i promotori di giustizia... La sua è la santità della Ultimità, del Proletariato, dell’Amore del Prossimo, del Dono della Vita per la Giustizia.
Il suo testo “Per amore del mio popolo” sembra scritto dal Nazareno, incarna “l’essere per gli altri”. Peppino viene insultato con ogni sorta di maldicenze e calunnie, è perseguitato per la Giustizia per causa di Gesù. È un martire! “È il martire di Cristo di ‘Terra di Lavoro’!”.
Ecco perché
TI IMPLORIAMO
di proclamarlo MARTIRE!
Ma non per i miracoli che potrebbe propiziare, né per le grazie che potrebbe promuovere o le preghiere che potrebbe esaudire, ma solamente e semplicemente per quello che ha detto e fatto.
Ci rivolgiamo direttamente a te anche perché tu hai indossato la stola di don Peppino, appoggiata sulle tue spalle da don Luigi Ciotti il 21 marzo 2014.
Ti alleghiamo il volume “Peppino Diana”, scritto dal suo maestro, il vescovo emerito di Caserta padre Raffaele Nogaro, che esprime in maniera ben più esauriente e sapiente le motivazioni della nostra supplica.
Casal di Principe, 2 gennaio 2015
Michele Del Gaudio
Lorenzo Tommaselli


Vangelo e Costituzione 8ª Puntataposted: 7/1/2015 at 15:53:52
Tullio Pironti Editore, 2014

Il figlio di Dio
La domenica gli Sballatos, così si soprannominava la comitiva, la dedicavano alla sinagoga. Appoggiavano sui legni i papiri dei canti, servivano il rito, leggevano le scritture, raccoglievano i talenti dell’offertorio, all’uscita distribuivano volantini e vendevano giornali sacri… Erano insomma il fiore all’occhiello del tempio: ognuno con il suo ruolo specifico ma pronti a riempire gli eventuali vuoti degli altri. Erano veramente uniti: una micro comunità cristiana: con tutte le sue carenze, ma con un saldo legame affettivo.
Avevano anche la mascotte: un ragazzino di dieci anni, sempre appiccicato a Gesù, con tre qualità che lo rendevano il mini idolo del gruppo.
Isacco riusciva a fare centinaia di palleggi di seguito, senza mai far toccare terra al pallone: piede destro, piede sinistro, impennata, testa, nuca, scatto, spalla, petto, ginocchio, scatto, piede, ginocchio, volteggi, pallonetti, piroette, mastice sul collo del piede, adesivo sul collo… normale e via d’accapo. Era uno spettacolo! Il pallone era la catenina d’oro del battesimo, la maglietta del Napoli, la sua pelle, suo padre.
Un altro spasso era la sua breakdance, il ballo di strada degli afroamericani dei ghetti metropolitani, con equilibrismi continui d’amore, sussulti, sobbalzi, acrobazie appoggiate su una sola mano, giravolte, guizzi, brividi che litigavano con la fisica, capitomboli negati, presunti crolli di capriole che sfuggivano all’asfalto e slanci verso il cielo… in cerca di Dio.
Il terzo mestiere di Isacco era lo showman: parlava, rideva, faceva battute ed era impareggiabile nelle barzellette: dalle freddure al tipico humour inglese fino alle
storielle osé.

Quella domenica d’aprile però gli Sballatos, assieme ai Vomitos e ai Gladiators, si arrampicarono sul traghetto e approdarono a Capri. Ci andavano tutte le volte
che don Salvatore dava loro la paghetta per il servizio reso: la traversata costava, e anche l’isola!
Il grosso delle tre comitive faceva le tappe degli ignoranti e dei voyeur: Marina grande, piazzetta, giardini di Augusto con vista Faraglioni e ragazze attraenti, Marina piccola e ritorno con la lingua di fuori.
Un gruppetto trasversale invece preferiva salutare gli scoglioni da punta Tragara e proseguire verso la villa d’arte moderna, a strapiombo sul mare, ritenuta dai terrestri un aerosiluro alieno incastrato nella scogliera. Sosta di perlustrazione a difesa del pianeta e poi immersione nell’inaccessibile bunker della pineta di Pizzolungo, dove il freddo buio dell’inferno profano conviveva con il caldo torpore della meditazione profonda. Grotta dei sacrifici alle divinità del bosco, alcune centinaia di scalini, bava sotto le scarpe, e si avvistava come un’allucinazione l’Arco Naturale, la grazia più divina di Capri.
Ovviamente nella brigata ristretta e acculturata si collocava Gesù, con Isacco al seguito.

– Sai cosa ho letto? - Il palleggiatore approcciò il goleador fin dal porto e continuò lungo tutto il percorso, intensificando il pressing nella notte solare e misteriosa della macchia mediterranea.
– Il Vangelo o la storia del calcio?
– No… una rivista musicale… che il ballo è una preghiera fatta con le gambe.
– Condivido. Certo, te lo fanno pensare più le danze primitive…
– E perché io non prego quando ballo? - Isacco s’immalinconì di colpo.
– Cos’hai, fratellino?
– No, niente, niente! – Ma restò sedato per un po’. Gli arti avanzavano in sincrono, ma la mascotte era altrove. Il suo sentiero interiore si manifestò di nuovo quando i pini divennero fitti e il gelo gli fece paura. Gli scappò:
– Papà, mi dai la mano!
– Ahó, ti sei bevuto il teschio? Io sono Gesù!
– Scusa, ero sovrappensiero! Scusa, scusa. – E si richiuse.
Gesù rispettò la sua diga per qualche minuto, poi lo prese per mano… e camminarono…
– Gesù, mi dai una mano?
– Già te la sto dando! – E alzò le braccia attorcigliate verso le chiome verdi.
– Prima ho detto la, ora una, mano!
– Ho capito! Ho capito! Rilassati, ora sei il mio figlioletto.
– Non è facile… Lo sai, io sono il figlio di Assunta… Cirillo…

La signora Assunta era stimata da tutti e anche guardata oltre misura dalla tribù maschile. Se fosse stata più alta avrebbe potuto fare la modella. Non che fosse bassa, uno e settanta, ma nello showbiz uno e ottanta era il minimo. La siluette però era armoniosa e slanciata… da far girare la testa… che lei teneva bassa… Si nascondeva, ecco quello che sembrava, che volesse celare il suo viso delicato negli abbondanti capelli lunghi e castani, volesse occultare il suo fisico con abiti sobri e covered look, volesse vivere senza essere vista... Ma quando metteva jeans e t-shirt o la gonna corta…!
La signora Cirillo era arrivata a Scampia da tre anni, era vedova, o almeno tutti ne erano convinti; non si risparmiava in parrocchia, non faceva mancare nulla al
piccino, neanche l’affetto; era benestante, non lavorava… La aiutava un fratello monsignore che insegnava alla pontificia facoltà teologica di Roma e veniva a trovarla ogni quindici giorni.

– … però non ho padre. No, non è morto. Mi hanno sempre detto che sono figlio di Dio. Ma io non sono più un bambino… Capisci, Ges?… Zio Abramo, il prelato, è… insomma… secondo me… è mio padre… L’ho detto! – Isacco si era rannicchiato nel ventre materno per raccogliere tutta l’aria nei polmoni e avere la forza di lanciarla sulle corde vocali in un impeto che l’aveva proteso verso il cielo, oscurato dagli alberi e dal pudore.
– Stai tranquillo! Stai tranquillo! – Lo rassicurò Gesù mentre cercava il suo viso contratto e gocciolante fra i minuscoli bagliori che filtravano e rincuoravano. – Fatti abbracciare! Non ti ritrarre! Abbracciami forte! Bravo, così, così!
– Non possono essere fratelli… il cognome è diverso! Quando viene, la notte sento delle cose… Capiscimi… Zio dorme nella stanza degli ospiti… ma lui è l’unico ospite… È la sua camera… ci lascia un sacco di cose… biancheria, vestiti, libri… preservativi… Sì, Ges, ho trovato una scatola di preservativi… Ho frugato, è vero… ma io dovevo… dovevo… sapere. – Le gambe non ressero il peso della sventura e lo adagiarono sulle foglie e le pigne. Il profumo di resina e salsedine lo rianimò:
– Ha costretto mia madre alla clandestinità e me ad un bizzarro orfanotrofio. Sì, perché ho un padre morto che vive…
– Ma come ti tratta? – Colmò la gravosa disillusione Gesù.
– Come un padre… anzi meglio di un padre… - Singhiozzò Isacco. – Se potessi scegliere mio padre, sceglierei lui… ma non mi vuole… si vergogna di me… di mia madre… Perché?… Perché?...
– Il fatto è che i preti non possono sposarsi… o avere figli…
– Cosa? E perché?
– Perché… così vuole la Chiesa!…
– E lui… l’infame… preferisce la Chiesa a me?

L’Arco Naturale era angosciato nel suo istintivo splendore. Avrebbe voluto essere Dio per dare un padre ad Isacco…
Ma comunque ci pensò Gesù.
Alla visita successiva si presentò da monsignor Abramo Fiorenza all’ora in cui era solo in casa:
– Lei è un porco!
– Ragazzi’, attento a quello che dici!
– Lei è un padre porco!
– Non sono un gesuita! E poi tu chi sei?
– Sono Gesù Esposito e lei è un padre prima di essere un sacerdote!
Abramo fu invaso dagli occhi severi d’amore dell’adolescente e non barò:
– Sono innamorato di Assunta come il primo giorno… Isacco!… Lo tratto come il dono più bello che ho avuto dal Signore… Gli voglio bene più di me stesso… Avevo già sposato la Chiesa… Ho allestito questa sceneggiata per assicurare il benessere della… della mia famiglia… Non potrei mantenerla altrimenti, non so fare altro… non so celebrare nessun lavoro… Nel mio settore sono una cima… ma… Come faccio?... È vero, ci rifletto da anni… dopo ogni trasferimento di Assunta per evitare insidiose scoperte… Amo più Assunta e Isacco che la Chiesa…
Gesù non aggiunse una sola parola alla parola.

Il giorno dopo Isacco lo chiamò in disparte:
– Ho un padre! Mio padre divorzia dalla Chiesa, si sposa con mamma. Dio lo ha illuminato. Prima gli ha chiesto di sacrificarmi e poi di salvarmi.

… Dio mise alla prova Abramo…: «… Prendi tuo figlio… Isacco… e offrilo in olocausto… Abramo… prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore… gli disse: «... non fargli alcun male! Ora so che… non mi hai rifiutato tuo figlio…» (Genesi: 22:1-3, 9-12).
«Che cosa… è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Alzati e cammina”?... Alzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua (Matteo, 9:5-7).



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